Breve Storia degli Scacchi

Gli scacchi nella prima metà del Novecento

Con l'inizio del nuovo secolo cominciò il lungo dominio di quella che doveva rivelarsi una delle più complesse personalità scacchistiche di ogni tempo. Emanuel Lasker nacque nel 1868 nella città prussiana di Berlinchen. Laureatosi con il massimo dei voti in matematica, si interessò ben presto agli scacchi. Emanuel LaskerNegli anni della gioventù ebbe modo di dimostrare la sua bravura battendo giocatori rinomati come Bird, Blackburne e soprattutto, per due volte consecutive, Wilhelm Steinitz.

Dopo il secondo match di rivincita, tenutosi a Mosca quand'era ancora ventottenne e che vinse col largo punteggio di 12,5 a 4,5 (+10, =5, -2), Lasker divenne, seppur ufficiosamente, campione del mondo. Difese negli anni successivi il titolo contro vari avversari, fra cui il granitico Tarrasch, l'americano Marshall, l'austriaco Schlechter, e per ben due volte contro il suo coetaneo Janowski, sempre con esito vincente.

Lasker trionfò anche in numerosi tornei, fra i quali si possono citare quelli di New York (1893), Pietroburgo (1895, 1909, 1914), Norimberga (1896), Londra (1899), Parigi (1900) e Berlino (1918). Lasker adottò uno stile di gioco diverso dai suoi contemporanei, in particolare diverso da quello dogmatico di Tarrasch o da quello romantico della maggior parte degli altri giocatori.

In pratica Lasker pose l'accento su un fattore che fino ad allora era stato trascurato nella conduzione di una partita a scacchi, cioè la componente psicologica. Il campione prussiano, infatti, non esitava a scegliere sulla scacchiera anche posizioni difficili od addirittura scomode se intuiva che il suo avversario non vi si trovava bene.

Insomma, Lasker tendeva a far giocare male gli avversari piuttosto che cercare sempre e comunque la mossa migliore, come finora avevano fatto i suoi predecessori. Di fronte a posizioni impreviste od inconsuete gli avversari perdevano lucidità e serenità di analisi, mentre al contrario sembrava che Lasker traesse forza dalle difficoltà insite nella posizione per costruire gradualmente la sua vittoria. Con questa tecnica di gioco, aspramente criticata dai puristi quali i seguaci di Tarrasch, il giocatore prussiano dominò ininterrottamente il mondo degli scacchi fino al 1921.

Oltre ai nomi più noti, la prima metà del XX secolo vide la fioritura di numerosi Grandi Maestri che, pur non riuscendo nella maggior parte dei casi a competere direttamente per il titolo mondiale, diedero enormi contributi alla teoria ed alla pratica scacchistica.

Basti qui in proposito ricordare i nomi del polacco Akiba Rubinstein(1882-1961) che nel 1912 vinse in appena cinque mesi altrettanti importanti tornei, dell'austriaco Rudolf Spielmann (1883-1942), formidabile giocatore d'attacco, del lettone Aaron Nimzowitsch (1886-1935), eccezionale teorico e vincitore di numerosi tornei.

Evfim D.Bogoljubov Ai nomi precedenti bisogna aggiungere senz'altro quelli del cecoslovacco Richard Reti (1889-1929), poliedrico scacchista che seppe mettere in discussione numerosi dogmi della cultura ufficiale , così come fece pure il russo Xavier Tartakower (1887-1956), fondatore della cosiddetta scuola ipermoderna. Per ultimo, ma non certo come valore, bisogna aggiungere l'ucraino Evfim Dmitrievic Bogoljubov (1889-1952), che nella sua carriera conseguì splendide vittorie fino ad arrivare in un paio di occasioni alla sfida per il titolo mondiale.

In effetti con Lasker il titolo di Campione del Mondo divenne praticamente ufficiale, così sorse la necessità di regolamentare in qualche modo le competizioni per la corona mondiale, e non soltanto quelle. Fu per questo motivo che nel 1924, in concomitanza del torneo olimpico di Parigi, venne fondata la Federation Internationale Des Echecs (FIDE). C'è tuttavia da aggiungere che per lungo tempo la FIDE, come si vedrà in seguito, dovette sottostare alle bizze dei campioni mondiali in carica, spesso restii a concedere prontamente la rivincita e semmai propensi ad imporre per essa condizioni poco favorevoli allo sfidante.

Nel frattempo, mentre Lasker mieteva i suoi successi, nacque a Cuba nel 1888 José Raul Capablanca, un bambino che in poco tempo si dimostrò straordinariamente portato per gli scacchi. A soli dodici anni riuscì a sconfiggere il noto campione americano Pillsbury, che si trovava occasionalmente sull'isola. J. Raul CapablancaTrasferitosi a New York per gli studi universitari, il cubano prese a frequentare assiduamente il Manhattan Chess Club, di cui divenne rapidamente il miglior giocatore.

Nel 1909 Capablanca si guadagnò il diritto di sfidare il campione americano, Marshall, battendolo 15 a 8 (+8, =14, -1). Questa vittoria lo proiettò nel firmamento scacchistico e la sua fama si consolidò nel 1911 quando vinse a sorpresa il grande Torneo di S. Sebastiano. Durante le sue lunghe turneé toccò numerose nazioni e nel 1913, a Pietroburgo, sconfisse in un match l'astro nascente della nuova scuola russa, Alekhine.

Fu però soltanto dopo la Prima Guerra Mondiale che il campione cubano poté incontrare Emanuel Lasker, che ormai aveva superato i cinquant'anni. Il match si svolse nel 1921 all'Havana, la capitale di Cuba, in un caldo inusuale per il giocatore prussiano, ma ciò non toglie che la vittoria di Capablanca fu netta (+4, =10, -0). Il titolo gli rimase in tasca fino al 1927, quando glielo strappò proprio quel campione russo che aveva avuto modo di battere anni addietro, cioè Alekhine.

Negli anni a seguire il cubano vinse parecchi tornei, fra cui quelli di Berlino (1928), Budapest (1928), New York (1931), Mosca (1936) e Parigi (1938), ma non ebbe mai la possibilità di avere l'incontro di rivincita con Alekhine, anche perchè quest'ultimo si sottrasse abilmente al dovere di difendere il titolo mondiale contro il suo rivale imponendo condizioni capestro ed inaccettabili (prassi seguita comunque anche dai campioni precedenti, in quanto la consuetudine diceva che era il detentore del titolo a fissare le condizioni del match).

Capablanca morì nel 1942 senza aver avuto l'occasione di riprendersi il titolo mondiale. In ogni caso la classe e la bravura di gioco dimostrate da Capablanca suscitano ancor oggi viva ammirazione, anche perché il suo stile scacchistico era di una semplicità disarmante. Invece di cercare combinazioni astruse, come facevano i romantici od i giocatori come Lasker, il cubano tendeva ad arrivare in maniera lineare al finale, fase della partita in cui era un maestro imbattibile.

Poco interessato alla teoria delle aperture, forse il suo unico tallone d'Achille, il cubano preferiva semmai concentrare la sua attenzione alle linee di gioco semplici, sempre con un occhio di riguardo sulle conseguenze che potevano avere sul finale. Così, mentre la partita per i più sembrava trascinarsi stancamente verso un finale pari, Capablanca traeva da ogni minimo ed impercettibile vantaggio posizionale quella spinta che poi lo trascinava inesorabilmente alla vittoria.

Il successivo campione del mondo, come s'è accennato, fu il russo Alexander Alexandrovic Alekhine. Nato a Mosca nel 1892, Alekhine imparò gli scacchi in tenera età, ma fu insolitamente lento nel raggiungere alti livelli di gioco, se paragonato ad alcuni campioni che lo precedettero, come per esempio Morphy e Capablanca. Alexander A.AlekhineD'altra parte, una volta ingranata la marcia, il cammino di Alekhine fu irresistibile.

Nel 1909 lo scacchista russo raggiunse il titolo di Maestro, nel 1912 vinse il primo importante torneo, quello di Stoccolma, e nel 1914 anche il torneo di Pietroburgo. Nell'anno seguente si ripresentò a quest'ultima competizione e si piazzò buon terzo alle spalle di Lasker e Capablanca, lasciando dietro di sé giocatori di grande fama quali Bernstein, Nimzowitsh, l'inossidabile Tarrasch, Marshall, Blackburne e Janowski.

La Prima Guerra mondiale interruppe ogni attività scacchistica internazionale, ma al termine del conflitto Alekhine diede inizio ad una sfolgorante serie di successi: nel 1921 vinse il Torneo di Budapest, poi vinse in sequenza quelli di Hastigs (1922), Karlsbad e Portsmouth (1923), quelli di Parigi, Berna e Baden-Baden (1925), in seguito di nuovo quello di Hasting (1925), ed infine quelli di Scarborough, Birmingham, Buenos Aires (1926) e Kecskemet (1927).

Queste magnifiche vittorie diedero ad Alekhine il diritto di sfidare il grande Capablanca nel 1927. Il match fu di una lunghezza estenuante, ma alla fine prevalse il russo col punteggio di 18,5 a 15,5 (+6, =25, -3). C'è da sottolineare a questo punto che Alekhine, una volta strappato il titolo mondiale al campione cubano, si guardò bene dal concedergli la rivincita, imponendo per un eventuale nuovo match delle condizioni capestro inaccettabili.

Per non essere accusato di sottrarsi al dovere di difendere la corona di Campione del Mondo, il giocatore russo comunque nel 1929 mise in palio il titolo contro Evfim Bogoljubov, travolgendolo senza problemi col punteggio di +11, =9, -5. Nell'incontro di rivincita, avvenuto nel 1934, Bogoljubov non riuscì a fare molto meglio, perdendo per 10,5 a 15,5 (+3, =15, -8). Pareva, insomma, che nessuno potesse togliere ad Alekhine il titolo di campione mondiale, tranne forse Capablanca, che tuttavia il moscovita evitava attentamente di incrociare un'altra volta dopo il match vinto nel 1927.

Fu in questo clima di grande supponenza che Alekhine si apprestò a difendere la sua corona mondiale nel 1935 contro Max Euwe, un giocatore olandese che non aveva vinto certamente tanti tornei quanti il campione in carica. Con notevole sorpresa di tutti, fu invece proprio Euwe a strappare il titolo al russo, sebbene di stretta misura, vincendo 16,5 a 15,5 (+9, =13, -8). Ma la gloria di Euwe fu breve, perché nel match di rivincita giocato due anni dopo Alekhine si riprese lestamente la corona di miglior scacchista del mondo battendo il suo rivale col largo punteggio di 15,5 a 9,5 (+10, =11, -4).

Tuttavia la carriera di Alekhine finì praticamente qui. Poco tempo dopo scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, per cui di nuovo ogni attività agonistica venne sospesa, ed il giocatore russo non fece in tempo a vedere la conclusione definitiva del conflitto poiché morì la mattina del 25 marzo 1946 in una camera d'albergo di Lisbona.

Prescidendo dalla considerazione che il giudizio complessivo su Alekhine sarebbe più lusinghiero se avesse concesso la facoltà di rivincita a Capablanca, resta indubbio il fatto che il giocatore russo rientra nel ristretto novero dei migliori scacchisti di ogni tempo. Dotato di uno stile inconfondibile che ancor oggi trova numerosi ammiratori, Alekhine si distingueva dagli altri giocatori per il fervore che riversava sulla scacchiera e per la sua strategia aggressiva di gioco.

Trascinato da un fiuto proverbiale per le combinazioni vincenti, il russo spesso otteneva vittorie travolgenti e soprattutto brillanti. Inoltre, rispetto alla maggior parte dei suoi predecessori, teneva in gran conto lo studio teorico e la preparazione a tavolino prima dell'incontro vero e proprio. La sua passione per gli scacchi era tale che analizzava mossa per mossa tutte le partite già giocate dal suo avversario per trovarne i punti deboli o le smagliature strategiche delle sue aperture.

Con Alekhine la teoria della fase iniziale della partita trovò nuovo vigore, tant'è vero che ancor oggi esistono aperture e varianti che portano il suo nome. Ma il concetto forse più importante generato dalle sue incessanti ricerche è che il Nero non deve solo ambire a conservare la parità con il Bianco (come fino ad allora si teorizzava), bensì può usare il contrattacco come arma di difesa.

Nelle antologie scacchistiche il nome di Max Euwe solitamente non occupa un posto di rilievo ma è oscurato da quello di Alekhine. Max EuweD'altra parte ciò è comprensibile alla luce del fatto che il giocatore olandese nella sua vita non ha mai dato particolari spunti d'ispirazione o fornito gustosi aneddoti agli storici ed ai cronisti degli scacchi.

Nato nel 1901, Max Euwe fu un bambino prodigio ma la tutela affettuosa e prudente dei genitori impedì che si trasformasse in un'attrazione per i mass media dell'epoca. Tuttavia già a 20 anni egli riuscì a conquistare il titolo di Campione d'Olanda ed a costruirsi una solida reputazione di buon giocatore di match. Laureatosi nel frattempo in matematica, nel 1927 conquistò il titolo di Grande Maestro. Inoltre i suoi studi appassionati sulla fase iniziale della partita lo fecero diventare uno dei più noti teorici delle aperture.

Fu grazie a queste sue qualità che Euwe ebbe nel 1935 l'occasione di sfidare per il titolo mondiale l'indiscusso numero uno dello scacchismo internazionale, cioè Alekhine. Conscio che forse non avrebbe avuto altre occasioni, l'olandese si preparò con grande cura all'evento, mentre non si può dire certamente la stessa cosa per il suo avversario russo, che l'opinione degli esperti dava come grande favorito.

Come si è accennato precedentemente, Max Euwe vinse inaspettatamente il titolo, ma lo perse due anni dopo nel match di rivincita. Ciò non toglie che l'impresa fu notevole, a maggior ragione pensando che in seguito il titolo di campione mondiale era destinato a rimanere per decine di anni nelle mani di giocatori usciti da quelle inesauribili fucine che erano ed sono tuttora la scuola russa e, più in generale, quelle dei paesi dell'ex Unione Sovietica.

Caratterizzato da uno stile tattico e brillante, Max Euwe, a differenza di altri giocatori dell'epoca, fondava la sua tecnica scacchistica su validi presupposti posizionali. In altre parole non si tirava indietro di fronte a posizioni complicate, tuttavia cercava di arrivarci partendo da posizioni solide, in modo di non concedere al suo avversario il destro per un contrattacco. Fu probabilmente questo stile di gioco che disorientò non poco Alekhine nel primo match del 1935, oltre ad una preparazione non adeguata ad un impegno così importante.

Ad ogni modo, di Max Euwe oltre i suoi successi sulla scacchiera si deve ricordare la profonda correttezza di gioco e la sportività nel concedere regolarmente la rivincita ad Alekhine nel 1937. Furono specialmente queste qualità umane a fargli guadagnare l'incarico di presidente della FIDE nel 1971, ruolo che ricoprì ininterrottamente fino alla sua morte, avvenuta nel 1981.

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